Durata dell’incarico dell’amministratore, diniego di rinnovazione (o disdetta), revoca

21.05.2016 17:12

Abbiamo già trattato su queste colonne (cfr. Cn giu. ’13) della durata dell’incarico dell’amministratore a seguito delle novità introdotte dalla legge riforma del condominio (l. n. 220/’12). Nell’occasione abbiamo sottolineato, in particolare, come il punto di partenza dell’interpretazione dell’art. 1129, decimo comma, primo periodo, cod. civ. (secondo cui “l’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per uguale durata”) sia che il legislatore ha confermato in un anno la durata (certa) dell’incarico di amministratore. Questo, salvo rinnovo (tacito). Salvo – quindi – che l’assemblea manifesti una volontà contraria a tale rinnovo approvando una delibera di disdetta o, meglio, di “diniego di rinnovazione” (mutuando l’espressione dalla normativa delle locazioni).

Ciò posto, quello che interressa in questa sede (nuovamente) precisare è che il “diniego di rinnovazione” (o disdetta) è istituto del tutto diverso dalla “revoca”, potendo quest’ultima intervenire anche nel corso del mandato, così come precisato – con l’espressione “in ogni tempo” – all’art. 1129, undicesimo comma, cod. civ. (cfr. C. Sforza Fogliani, Codice del nuovo condominio dopo la riforma, ed. La Tribuna, II edizione, 2015, 137). Senza considerare il fatto che l’istituto della revoca, ove non esercitato in presenza di giusta causa, espone il condominio ad eventuali richieste di risarcimento.

Sostenere, quindi, che dopo la riforma, in mancanza di espressa richiesta di revoca, l’amministratore prosegua nel suo incarico, di anno in anno, non è, all’evidenza, corretto.

Da quanto precede discende anche, come ulteriore conseguenza, che al termine del secondo anno (nel caso, cioè, che l’assemblea non abbia esercitato il predetto diniego e l’incarico si sia, quindi, rinnovato tacitamente per un altro anno) trova applicazione l’art. 1135, primo comma, n. 1, cod. civ., nel quale si tratta il caso in cui l’assemblea provveda alla “conferma” dell’amministratore (dopo, evidentemente, il rinnovo tacito). Ove così avvenga (e a tal fine – come chiarito dalla prevalente giurisprudenza con riguardo alla disciplina previgente – occorrerà lo stesso quorum utile per decidere sulla nomina o sulla revoca: cfr. Cass. sent. n. 71 del 5.1.’80, e Cass. sent. n. 4269 del 4.5.’94), scatterà, allora nuovamente un incarico della durata di un anno, rinnovabile (tacitamente) per un altro anno. Ciò che accadrà, ovviamente, anche nel caso in cui l’assemblea decida di non confermare il vecchio amministratore e di sceglierne uno nuovo.

In ipotesi di inerzia dell’assemblea, o nel caso in cui non si raggiungano le maggioranze necessarie per deliberare in punto, troveranno applicazione, infine, i consolidati principii espressi dalla giurisprudenza per casi del genere: l’amministratore continuerà ad esercitare tutti i poteri attribuitigli dall’ordinamento “attinenti alla vita normale ed ordinaria del condominio, fino a quando non sia stato sostituito con la nomina di altro amministratore” (cfr., ex multis, Cass. sent. n. 3588 del 25.3.’93) e avrà diritto alla corresponsione del compenso già pattuito, proporzionato al tempo della prorogatio (cfr. Cass. sent. n. 2214 del 14.6.’76).