Apertura di finestre sui muri comuni

27.09.2016 15:31

I problemi che sorgono quando si deve aprire una nuova finestra (o modificarne una già esistente) sulle parti comuni di uno stabile in condominio, in pratica, sono molto meno di quelli che spesso pongono i condomini quando cercano, in tutti i modi, di ostacolarne l’apertura appellandosi magari a divieti regolamentari inesistenti o ad autorizzazioni assembleari inutili. Salvo il caso in cui il regolamento di condominio di natura contrattuale vieti espressamente di intraprendere alcuna opera esterna che modifichi l’architettura e l’estetica del fabbricato, si reputano, in linea di principio, legittimi gli interventi sul muro comune, come l’apertura di una finestra o di vedute, l’ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti, la trasformazione di finestre in balconi, ecc. Tali opere, infatti, non incidono sulla destinazione del muro, bene comune ai sensi dell’art. 1117 c. c., e sono l’espressione del legittimo uso delle parti comuni ai sensi dell’art. 1102 c.c che non richiede alcuna autorizzazione da parte dell’assemblea di condominio. E’ ovvio che nell’esercizio di tale uso, vanno rispettati i limiti contenuti nella norma citata, consistenti nel non pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell’edificio, nel non menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori, nel non impedire l’esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri condomini, nel non alterare la destinazione a cui il bene è preposto e nel rispettare i divieti di cui all’art. 1120 c.c. (pregiudizio alla stabilità e sicurezza del fabbricato, al decoro architettonico o rendere alcune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino). Legittima è anche l’apertura di finestre su area di proprietà comune e indivisa tra le parti come i cortili comuni, per dare aria e luce agli immobili circostanti, con il solo limite posto dall’art. 1102 c.c., di non alterare la destinazione del bene comune o di non impedirne l’uso da parte degli altri proprietari (Cass. sent. n. 20200/2005).


    a cura dell'Avv.Maurizio Golia